La sostenibile inadeguatezza dell’essere
il LATO DEL CERCHIO - LUNEDÍ 16 GENNAIO 2017
Una giornata iniziata con un calzino di cui non si vede il tallone, si dispiega in modo esattamente uguale: non se ne vede il verso. Sicuramente, esisterà qualcuno munito dell’eccezionale dote di interpretare un simile calzino e capace di evitare quelle fastidiose pieghe sul collo del piede; tutti gli altri di fronte all’enigma, comunque sia, ad un certo punto se lo infilano e vada come vada.

Anche perché, con il freddo, prima ci si veste meglio è. I meticolosi o i poco esperti imbucano il piede due o tre volte in cerca del tallone, non io. Quando peschi un calzetto del genere, in qualunque modo lo indossi, sembrerà sempre al rovescio. Grinzoso.
E così la sensazione di qualcosa di sbagliato si diffonde su tutto il corpo, salendo dalle caviglie su per le gambe: le mutande si infilano tra le chiappe, le ascelle sudano, i naselli degli occhiali si storcono, ed un senso di inadeguatezza ti fa sentire fuori posto in ogni luogo. Scomodo in qualsiasi situazione.


Certi giorni partono così. E a fine giornata ci si lamenta di questo e di quello, del lavoro, dello stile di vita, e poi il clima, la gente, la città - forse ho fatto le scelte sbagliate, a casa sicuramente starei meglio, in campagna ero felice….

Tutto per un calzino senza cuciture nei talloni.

Il dettaglio fondamentale, senza il quale una cosa diventa imperfetta quanto basta per risultare fastidiosa -ma non del tutto inaccettabile-, è la chiave della felicità. La sua mancanza consuma.

Cambialo. Cambia calzino, mi dico, non ne vale la pena. Lo so, tuttavia, quel calzino lo indosso sempre.

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