Effetto Sera
il LATO DEL CERCHIO - SABATO 15 FEBBRAIO 2020
Il ciglio della strada quell’Agosto era viola.
Se ne stava con i piedi immersi nella riva sentendo le onde scavare sotto il suo peso, seppellirle le dita piano piano fino a far tramontare le caviglie nella sabbia come il sole dietro al mare. Ogni sera, indipendentemente dalla stagione o dalla temperatura dell’acqua, la Mora, piantata come un ombrellone nel bagnasciuga, aspettava che i lampioni si accendessero sul lungomare. Appese ad una mano, le scarpe da sera dondolavano inoperose come la borsetta sulla spalla; da lontano sembrava nuda: indossava una minigonna che non aveva la stoffa per celare nulla ed un reggiseno ricoperto di lustrini che avrebbero riflesso i fanali dei clienti di passaggio.
Al primo timido abbozzo di luminescenza, lasciava la spiaggia, attirata, assieme alle altre lucciole, dalla luce delle lampadine. Camminava a ritroso, fino ad incontrare la sabbia asciutta, osservando il mare dimenticarla: per quanto fossero profonde le impronte sulla battigia, bastava un’onda per cancellarle. Poi si girava, abbandonando la camminata da gambero, sicura che, ora, ogni sua traccia si sarebbe confusa tra le dune indifferenti.

«La chiamano la Mora perché la trovi sulla strada»
Così spiegavano quel soprannome i ragazzini. Tutte le sere parcheggiavano i motorini sul lato opposto della strada e aspettavano che la Mora risalisse dalla spiaggia. Era lei: la ragazza che aveva conquistato il loro immaginario erotico. Vederla dal vivo, realizzare che quel sogno virtuale era vero e che avrebbero potuto averla, bastava a far esplodere nella loro mente l’immaginazione e di conseguenza nei pantaloni l’erezione.
Da quando avevano riconosciuto quella ragazza appoggiata al lampione, come la girlfriend cilena che aveva spopolato sul web, tutti i ragazzini avevano trovato un lavoretto estivo. Non era mai successo che qualcuno di loro sacrificasse l’estate in qualche occupazione. Tra gli adulti girava voce che finalmente i ragazzi erano diventati maturi ed avevano messo la testa a posto. Invece l’avevano persa: l’unica maturità giunta era quella sessuale. La Mora era riuscita ad insegnare il valore del denaro e la parsimonia meglio di tutti gli esempi di rettitudine e successo propinati ai giovani da genitori ed insegnanti.
L’eccitante presenza della ragazza latina da una parte esaltava le prospettive dell’estate, ma allo stesso tempo demistificava la prosperosa rappresentazione che gli adolescenti hanno del futuro.
Com’era finita lì quella leggenda del porno? Da battere tutti i record di visualizzazione su Pornhub a battere sui marciapiedi, in quella strada periferica che separava il mare dai rovi della scarpata.
Loro che potevano, alla prima macchina che si fermava per la Mora, lasciavano il marciapiede, ma prima di salire sui motorini, intonavano il saluto alla cilena:

El pueblo unido jamás será vencido,
El pueblo pa'lante ahí, ahí
El pueblo arriba Así Así
Mueve la colita, mamita rica, mueve la colita.

Un ritornello che mixava la canzone cilena più popolare con quella più nota ballata nelle discoteche. Un motto sciocco che inconsapevolmente descriveva bene la realtà di quella bella ragazza scaricata in un contesto trash che la mortificava.
A quel saluto lei ballava, aggrappandosi alla leggerezza in cui vivevano quei ragazzi, e poi mandava a tutti un bacio. E quel bacio bastava a farli tornare anche la sera seguente.

«La chiamano la Mora perché è squisita»
Durante il giorno viveva a servizio di un’anziana signora in pensione dal lavoro più vecchio del mondo. La Mora provvedeva a tutte le necessità che un corpo senile non è più in grado di svolgere, in cambio la signora le offriva vitto, alloggio e una figura materna esperta nel dare consigli. L’appartamento era al terzo piano di una palazzina bianca che fronteggiava il mare. Dal davanzale del terrazzo sul tetto sventolavano ancora le bandiere di molte nazioni: Italia, Spagna, Germania, Francia, Brasile, Giappone, America: drappi sbiaditi dal vento salmastro; ormai sembravano panni stesi che nessuno aveva avuto voglia di ritirare. Il palazzo era stato un hotel, convertito poi a condominio a causa della crisi alberghiera. Resisteva ancora al logorio della sabbia la piscina piena di piccole pozzanghere e foglie secche, e la passerella che portava alla spiaggia. La Mora non usciva mai dalla reception; percorreva sempre quella pedana aggirando la palazzina dal litorale: camminava sulla riva fin quando poteva, evitando il più a lungo possibile la strada.
La vecchia la guardava dall’alto attraversare leggera la spiaggia sperando che un giorno quella stretta striscia di sabbia si sarebbe trasformata in un deserto infinito in cui la luce dei lampioni non arrivasse. Un proverbio cileno recita: “più vasta è la spiaggia, più è grande il mare”, e la Mora avrebbe versato un fiume d’acqua sull’oceano che la separava da casa.
Nonostante la notte, al mattino la colazione era pronta. In un italiano straniero la cilena raccontava con dolcezza le avventure notturne; con le stesse parole che avrebbe usato un amante piuttosto che una puttana.
La signora aveva preso a cuore quella deliziosa ragazza, come fosse la figlia che i suoi troppi rapporti le avevano fatto evitare; i suoi vecchi occhi vedevano cosa c’era dietro la minigonna e i lustrini, mentre a tutti interessava cosa c’era sotto.

«La chiamano la Mora perché è selvatica»
Era l’ultimo cliente, puntuale tutte le sere. Aspettava che la Mora tornasse dall’appuntamento precedente, in piedi in cima alla gradinata che accedeva dalla strada al lido, tenendo le mani in tasca con le braccia troppo piegate: come se stesse sorreggendo dei pantaloni larghi. Era un uomo solo, che cercava nelle altre persone la solitudine. La Mora lo capì quando salì per la prima volta in macchina con lui: superava o rallentava pur di rimanere solo nella corsia, ma voleva compagnia. Gli unici contatti che quell’uomo aveva corrispondevano a indirizzi di database commerciali dai quali riceveva periodici annunci di servizi a cui non si era abbonato e con i quali non poteva condividere il suo isolamento.
Andava a prendere la Mora come fosse il padre costretto ad aspettare sveglio che chiudessero le discoteche; e l’accompagnava a casa. In molti pensavano fosse il magnaccia della cilena, ma non era così: la Mora non aveva padrone, viveva in libertà, e quel passaggio era l’unica cura che riceveva in cambio di niente.
Entrambi condividevano quello che lui chiamava “l’effetto sera”: erano vittime del crepuscolo, assuefatti dall’unico momento del giorno in cui non si vede dove si va o dove si è stati. L’atmosfera della sera fungeva da filtro che rifletteva il rumore del giorno, lasciando passare il silenzio. Ma la notte tratteneva sempre un po’ di quel silenzio facendo posto ad un giorno ancora più caotico del precedente.

«La chiamano la Mora per via dei capelli»
Così pensavano quasi tutti. Le persone si accontentano spesso della superficie delle cose, ma poi si indignano scoprendo un cuscino vecchio e logoro sotto la fodera pulita. La Mora era mora. Era evidente, come era lampante che fosse una puttana. La ragazza cilena non era nata puttana, era libera di non praticare la strada, ma costretta dal proprio passato a percorrerla. In un mondo senza confini e amnesie è difficile lasciarsi qualcosa alle spalle: dal Cile, in pochi mesi, la reputazione della ragazza era sbarcata in Italia, corrompendo il giudizio di tutti coloro che l’ammiravano. Le poche persone che erano state capaci di valutare il passato considerando il presente l’andavano a trovare sotto il lampione, chi con qualcosa da mangiare, chi per chiacchierare durante le pause, momenti semplici che dimostravano come quel marciapiede fosse un posto di lavoro come un altro.

«La chiamano la Mora perché è nata dai rovi»
Dopo aver resistito a tutte le proposte precedenti, Augustina accettò finalmente l’invito ad uscire. Era l’unica ragazza dell’istituto ad aver raggiunto i diciotto anni vergine, nonostante fosse la più desiderata di Valparaíso. L’inflessibile educazione impartita ad Augustina fu il principale motivo che la spinse ad accettare la proposta di una “serata insalata”, così i ragazzi chiamavano le uscite che avevano lo scopo di alleggerire le pressanti aspettative scolastiche.

Andiamo in posto in cui non c'entriamo niente, in cui non abbiamo funzioni od obblighi, in cui non abbiamo scopo e non servivano a nulla. E sentiamoci liberi in mezzo a gente che non può.

Rilesse il messaggio dell’invito più volte, fino a che non si sentì prigioniera di un rifiuto imposto, e lo accettò. Lui era un maschio che poteva offrire poco ad Augustina se non l’apparenza di un dio; lei non era attratta da lui, ma si stava innamorando di quella notte, delle possibilità nascoste dentro il buio, e dell’emancipazione che concede l’oscurità. Bevvero tanto alcool da rendere sobrio qualsiasi atteggiamento, la timidezza defluì dalle guance di lei, lasciando rosso solo il puntino luminescente della telecamera. Fecero l’amore che si rivelò soltanto sesso e poi un trofeo. Quella sera, Augustina, conobbe la libertà degli eccessi che la imprigionò per tutta la vita.
Il porno ci insegna che niente è innocente, nemmeno l’innocenza: quel video mostrava una cosa fatta da tutti, ma normalmente nascosta dal giudizio. Quello che inizialmente era soltanto imbarazzante divenne peccato poi colpa e scandalo. Augustina fu trasformata nella girlfriend cilena, fino a quando gli sguardi non la spinsero a fuggire in Italia per ritrovarsi soltanto la Mora.
All’inizio vedi le spine, e speri nascano rose, ma quando lo stelo si allunga portando solo altre spine in pochi hanno la forza di affrontare il roveto e cogliere le more.

«Mi chiamano la Mora perché macchio persino l’asfalto, e non vado più via»
Con il passare degli anni Augustina aveva smesso di sentirsi amorale, viveva all’interno di un’atmosfera che rifletteva gli sguardi critici delle persone cieche. Era una meretrice per lavoro, si prostituiva come facciamo tutti lavorando, per soldi.
Il mare continuava a portar via le sue impronte, ma ora la Mora le immaginava tutte in fila sul fondale marino, portate lì, lungo la strada per casa, dall’onda. Il passato era diventato confortante una volta accettato il presente.
Iniziò a piovere mentre Augustina attraversava la terrazza sul tetto. Da lassù vedeva la spiaggia cambiare colore mano a mano che si bagnava. Prima di allora le piaceva la pioggia sulle onde, ma da qualche tempo il mare le sembrava fin troppo pieno. La pioggia che cade non fa rumore. Lo scrosciare è lo schianto della goccia, la fragorosa fine di una vita silenziosa. Nessuno sentì un grido quando la Mora scivolò dal parapetto; soltanto uno schianto attutito dal gocciare del cornicione.
Italia, Spagna, Germania, Francia, Brasile, Giappone, America, e Cile, la nuova bandiera sventolava più lucida di tutte le altre.
Nemmeno la pioggia cancellò la macchia che lasciò sull'asfalto, come le more cadute sul ciglio della strada.

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