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Rimango ramingo
il LATO DEL CERCHIO - 1 GIUGNO 2018
Non ho mai capito se si sedeva a capotavola perché lo ritenesse un posto d’onore da cui dominare la visuale sui commensali oppure perché non ne volesse avere nessuno vicino. Fino a che ebbi l’indecenza di chiedergli come mai fosse così schivo: “la solitudine induce l’uomo a pensare, la compagnia a parlare, ma se uno non pensa è meglio che stia zitto”, e se non si parla, tanto vale stare da soli. Perciò alla fine si innamorò della solitudine e fu quello l’unico rapporto che lo appassionò dopo la morte della mamma. Nonostante la presenza randagia di nostro padre, l’affetto non mancò mai, ci amava come fossimo ancora dei bambini poiché la distanza aveva mantenuto invariata nei suoi pensieri l’opinione di noi. L’uomo burbero e talvolta scurrile, di cui tutti conoscevano l’indole, si manifestava in casa solo in determinate occasioni, scatenato da argomenti particolari per i quali aveva formulato locuzioni caratteristiche. Parlando di politica “ci vogliono i coglioni per governare un paese come il nostro, ― e l’Italia ne è piena”, frase che immancabilmente invitava alla conclusione “e a noi oramai ci scoppiano”; oppure quando l’argomento riguardava un uomo di Chiesa “mi stupisce abbia le mani così piatte, si sarà masturbato così tanto che me ne aspettavo una gravida”. Questi momenti rivelavano un uomo lontano da nostro padre e mi rimane il dubbio di come preferisse, in solitudine, essere con se stesso.
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