Tabagista
il LATO DEL CERCHIO - 11 MARZO 2019
Da quando aveva smesso di fumare, le sigarette si accumulavano sulla ringhiera del porticato. Pacchetti interi ancora sigillati. Li ritiravo la sera insieme ai panni e la mattina dopo ne ritrovavo altri ad accumularsi fino a tardi, quando gli ultimi passavano ad omaggiare Vincenzino. Se non fumi non c’è niente di più inutile di una sigaretta. Non potevamo buttarle, nessuno le accettava e il tabacchi non le voleva indietro, perciò andavano a riempire tutti i piccoli spazi della casa: le fessure tra mobile e muro, tra libri e mensole, sulle cornici dei quadri, non c’era più un posto dove nasconderle. Vivevamo nel paradiso del tabagista. Quelle che continuava a rollarsi da solo le teneva nelle scatole delle scarpe. Settanta scatole piene, disposte contro la parete a formare un muretto di un metro circa. Il vizio gli aveva lasciato quel gesto in eredità, assieme al tumore. Ne rollava una dietro l’altra riempiendo il silenzio di quel fruscio sonnolento, poi leccava l’involucro ad occhi chiusi come se suonasse un’armonica.
In carcere le sigarette sono una delle poche libertà concesse, l’unico vizio che ti puoi portare dentro e il solo legame che ti resta quando esci.
Vincenzino le contrabbandava, e da quando lo avevano rilasciato tutti gli ex detenuti del circondario ed ogni galeotto appena uscito passavano a casa a lasciare un pacchetto, come si fa con le candele davanti all’altare di un santo che ti ha concesso un po’ di gioia in un momento difficile. È un peccato spegnere quelle candele, ed era un peccato buttare le sigarette.
Non è vero che il carcere riabilita il criminale, rimani prigioniero a vita; se sei fortunato puoi diventare un ex carcerato, ma nessuno ti restituisce la dignità di uomo civile e l’unico rispetto che puoi ricevere arriverà da quelli come te.










You may also like

Back to Top