Il Signore Incompiuto
il LATO DEL CERCHIO - VENERDÍ 2 GIUGNO 2017
« Mike, tu ci credi ai fantasmi o alla magia o alle cose di quel genere?
» No, direi di no. È solo fantasia, perché?
« Il nonno mi ha dato una chiave che non sa più cosa apra. Possiamo usarla noi!
» Per fare cosa?
« Non ti ricordi la storia delle “porte perdute”? Dice che ora ho l’età per provarci.
» Era solo una favola. C’ho provato un milione di volte e non è mai successo niente.
« Sì pure io, ma da piccoli è difficile riuscire ad aprirle, finché speri di entrarci non succederà... ora che non ci crediamo più dovremmo farcela!
» Non ha molto senso.
« Forse è come il tuo walkman: funziona solo quando non serve.
» Quello l’hai semplicemente rotto.
« Me lo hai dato già rotto.
» Figurati. Mostrami la chiave. Sei sicuro non sia dell’ospedale? Non vorrei aprisse qualche armadietto della camera del nonno o cose così... ormai non ricorda più nulla.
« Non mi pare dell’ospedale, non ha la plastica sull’impugnatura. Sembra quella del garage del condominio, ma ho già provato tutte le saracinesche. Ha perduto la sua porta, non c’è dubbio.
» Ok, si infila da qualche parte?
« Non ho ancora trovato la serratura giusta. Pensavo che potresti tentare con quelle della tua scuola. Però non aprirla senza di me.
» Ricapitolando, ⎯ com’è che funziona?
« Allora, ogni volta che una chiave perde la propria porta, non è più in grado di ricordare dove portava. A quel punto, appena si trova una qualsiasi serratura in cui entri, anche se i denti non corrispondono precisamente - basta che si infili - bisogna girarla due volte in senso orario e due in senso antiorario, aprire la porta verso l’interno oltrepassando la soglia ad occhi chiusi, e prima di riaprirli bisogna chiudersi la porta alle spalle.
» E poi? Dove ti ritrovi?
« Il nonno dice che si apre in posti sempre diversi, in mondi sconosciuti. Forse sceglie a caso, dato che non si ricorda più.
» Tutto qui?
« Mi pare di sì.
» E la chiave? La si lascia fuori dalla porta?
« Credo di sì.
» Credi? E se poi rimaniamo dentro?
« Dentro cosa?
» Dentro la porta e dovunque porti.
« Ora ci credi?
» No ⎯ . Non lo so. Non voglio essere impreparato.
« Vado a chiedere.

« Nonno, quando apri una porta perduta... la chiave la devi lasciare fuori o bisogna sfilarla?
- Un momento ⎯.

Il nonno stava fumando, dritto come un militare in pensione, rigoroso di spalle e composto nella postura; il volto, invece, era un insieme confuso di elementi: il naso, il mento, il neo, gli occhi stretti sfalsati, un sopracciglio, poi l’altro, le labbra, le orecchie ai lati - una più visibile, i denti non tutti dentro la bocca, le guance che cercavano di tenere insieme il tutto, e la sigaretta. Sembrava una costellazione, con uno sforzo d’immaginazione, riunendo i punti, si riusciva a tracciare un viso.
La sigaretta durava all’incirca due minuti, a seconda di quanto vento soffiasse, in otto tiri la finiva, espirando dal naso tra una boccata e l’altra, e stranamente il fumo usciva solo dalla narice destra. Impossibile disturbarlo mentre fumava: era un impegno durante il quale non voleva fare altro, importante come andare in banca, caricare la lavastoviglie o fare di conto ma, a differenza del resto, la sigaretta era l’unica faccenda che riusciva a portare a termine. Alle cinque del pomeriggio usciva sul terrazzo della camera d’ospedale, la sfilava con dei leggeri colpetti sul fondo del pacchetto morbido, la prendeva con le labbra e mentre posava il pacchetto con una mano, con l’altra tastava la tasca della vestaglia in cerca dell’accendino. Ad ogni boccata lo sguardo si sistemava in un’espressione assorta, quasi composta, come se il compimento di quell’impresa riportasse ogni cosa al suo posto.
Una al giorno alle cinque di pomeriggio, non di più, consumata sempre allo stesso modo, e nello stesso tempo.

- È venuto il chirurgo.
« Che ti ha detto?
- Mi fa un po’ paura. È troppo alto per essere così magro. Mi ha visitato con quelle dita lunghe e affilate, gelide da togliere il respiro. Persino le gambe sembrano dei bisturi. Mi ha puntato con quel lungo naso proteso come il muso di un topo e ha detto che mi operano domani.
« Domani? Era ora. Hai chiamato la mamma?
- Non ancora. Stavo fumando.
« Chiamala! Senti nonno, ho convinto Mike a cercare le porte perdute. La chiave ⎯.
- La chiave la devi lasciare dov’è. Una volta inserita non va più sfilata fino a che non uscite, mi raccomando. Ti ricordi la procedura?
« Sì sì. Ma ⎯.
- Dovete farla bene. Qualora sbagliaste, sarete fortunati se non si apra affatto. Altrimenti ⎯.
« Non sbagliamo! Staremo attenti. Ma è pericoloso? Mike dice di non vuole trovarsi impreparato.
- Adesso ci crede? Mi ha dato del bugiardo fino a ieri ed ora ha paura di entrare in una porta magica.
« Non so se ci crede proprio proprio. Però non vuole rischiare.... È pericoloso?
- Se seguite bene la procedura no. Semmai ti accorgessi di aver sbagliato qualcosa, basta sfilare la chiave e ricominciare.
« Ok. Una porta vale l’altra o la destinazione cambia a seconda del colore, o se è fatta di legno, di ferro, o della dimensione, magari?
- Non lo so. Non ci ho mai pensato. Secondo me una vale l’altra. Purché la chiave si infili.
« E se si infila e non gira?
- Se la chiave si infila e non gira significa che non è la sua serratura, ma non è detto che non apra la porta. Qualora s’infilasse allora inizia la procedura girandola due volte in senso orario.
« Ma se non gira?
- Quando testi una serratura con una chiave, provi solo a girarla un pochino o al più tenti di fargli fare un giro, non inizi mai con l’intenzione di farne subito due. Invece è così che devi aprire una porta perduta, quindi, sfila la chiave e infilala di nuovo con il proposito di fargli fare due giri completi e poi continua la procedura.

» Ehi, ne ho trovata una! Ciao, nonno!
- Ciao, Mike. Hai trovato cosa? È venuto il chirurgo, mi operano domani.
» Ottimo, hai chiamato la mamma?
- No, stavo fumando.
» Chiamala subito!
- Va bene. Cos’hai trovato?
» Ho trovato una serratura in cui si infila la chiave che ci hai dato. Qui in ospedale! Quella vicino al distributore. C’ho provato ⎯, così per provare, e s’è infilata!
- Non l’ho data a te quella chiave. Ero certo non ti interessassero queste cose. Sono solo fantasie.
» Sì, bè. Dai, nonno ⎯. Me l’ha data lui, ci ho provato per farlo contento.
- Per farlo contento... Hai eseguito la procedura?
» No. Non lo faccio da solo.
- E di cosa hai paura?
» Non ho paura! Mi ha chiesto di aspettarlo per farlo insieme.
- Ah, ho capito. Quindi non hai paura di diventare un Nome?
» Tutte sciocchezze, non esistono! Vuoi solo spaventarmi.
« Il nome di chi?
» Non il nome di qualcuno, i Nome. Si chiamano così: Nome. Se credi alle storie del nonno.
« Che razza di nome è Nome. Non è possibile.
- Ricordi le regole per non smarrirsi al di là di una porta perduta? La più importante è non dimenticare mai da dove si viene. I Nome l’hanno scordato e non riescono più a trovare la loro porta, esattamente come le chiavi. Se non sai qual è il tuo scopo, non servi più a niente.
« E perché si chiamano Nome?
» Non sanno più chi sono. Non hanno più un nome loro. Non se lo ricordano.
- Quando dimentichi da dove vieni, non sai più chi sei, o chi sei stato. E allora diventi una persona nuova. Riparti da zero. L’unica cosa che sai è di non essere più te stesso, o almeno non quello di prima: no me.
» Questo te lo sei inventato. Nonno, di’ la verità.
- Io non mi invento proprio niente. Li ho visti. Ma tu sei libero di non crederci.
« E cosa succede se incontri un Nome? Sono cattivi, ti fanno male?
» Non esistono!
- Non sono cattivi. Potrebbero voler tornare con voi, ma a me non è mai capitato. Non è di loro che bisogna avere paura. Oltre le porte perdute non si trovano pericoli.
» Già. È oltre quelle scomparse invece?
- Stai zitto, Mike. Quelle non sono roba su cui scherzare.
« Cosa sono le porte scomparse?
- Niente. Ricorda solo di non sbagliare la procedura. E se sbagli, estrai la chiave e ricomincia.
» Le porte scomparse si aprono quando sbagli la procedura, e se varchi la soglia di quel mondo non potrai più tornare indietro, Uuuuuuh…
- Smettila, Mike. Ciò che si perde si può ritrovare. Quel che scompare invece è perduto per sempre.
» Le porte scomparse portano nel terrificante mondo del Signore Incompiuto, Uuuuuh… Dai, nonno, questa te le sei inventata.
« Chi è il Signore Incompiuto, nonno? È cattivo?
- Io, ⎯. Io non lo so. Non lo so più. Non me lo ricordo.
» Il Signore Incompiuto è il sovrano del mondo svanito, colui che ha creato le porte scomparse, per far cadere in errore i viaggiatori del mondo perduto. Uuuuh…
- Ti ho detto di smetterla, Mike.
» E un giorno, non tanto tempo fa, proprio in casa nostra, una di quelle porte fu aperta, e qualcuno sparì al suo interno e non gli fu più possibile fare ritorno. Uuuh… Quella persona era ⎯.
« Chi, Mike? Chi era?
- Ti prego, Mike.
» Era ⎯ la nonna. Uuh…

Mike compiva dodici anni quell’anno, e nonostante l'aspetto da ragazzino era già intelligente, sveglio e responsabile come un adulto formato. Tra i suoi sorrisi, anche di fronte alle risate più sgolate, si intravedeva un delicato velo di tristezza. Aveva sostituito la spensieratezza con una precoce maturità, continuava a fare i giochi e gli scherzi infantili tipici dei ragazzi di quell'età, e tuttavia ogni burla giocata da Mike sembrava essere l’ultima: nei suoi sguardi divertiti le sopracciglia rimanevano basse, rivelando un ingiustificato rimpianto per aver consumato il gioco, come se non potesse farne altri. Dalle deliziose caramelle d’orzo succhiava via uno strato alla volta cercando di prolungarne il gusto, finché l’ultimo rimasuglio trasparente tagliava la lingua lasciandogli in bocca l’amarezza di non poterla più assaggiare. Portava dentro quell’intensità che si incontra spesso negli orfani o nei ragazzi costretti a vivere in condizioni precarie, obbligati necessariamente a crescere in fretta nelle difficoltà. Eppure Mike aveva avuto un’infanzia felice, senza delusioni se non le solite: lo smascheramento di Babbo Natale e l’abbandono delle fantasie a favore della concreta realtà, dei giochi per dedicarsi agli sport. Conservava ancora l’ingenuità e la purezza tipiche dei bambini: Mike non aveva mai secondi fini e quando capitava che fosse malvagio, non era un’intenzione ma semplicemente un momento, lo sfogarsi di un sentimento simile ad uno sbadiglio. La crudeltà dei ragazzini ferisce più a fondo di quella adulta, proprio perché spontanea, senza uno scopo.

- Mike ⎯.
« Dov’è andata la nonna?
» La nonna è entrata in una porta perduta ed è rimasta in balìa del Signore Incompiuto, l’essere più malvagio delle storie del nonno.
« E chi è questo Signore Incompiuto, nonno? Cosa vuole?
- Il Signore Incompiuto è un uomo fatto a metà, destinato a commettere errori a causa della sua natura incompleta. Ogni gesto, ogni azione rimane sospesa senza trovare fine. La sua storia è un insieme di insuccessi e la sua vita una ricerca che non avrà mai termine.
« Come fa ad essere a metà e non morire?
» Non è fisicamente a metà, scemo! Non è segato in due. È incompiuto perché una parte di sé lo ha abbandonato, mi pare. Giusto, nonno?
- È vero, Mike, è così. Te lo ricordi meglio di me. Pensa un po’. Il Signore Incompiuto ha perduto una cosa che lo arricchiva e da quel giorno intrappola nel suo mondo incompleto tutto quello che riesce ad attrarre. Ha creato quelle porte in modo che nulla possa più uscire, l’ingresso è l’unica via. È un mondo destinato a riempirsi.
« Cosa vuol dire che “una parte di sé lo ha abbandonato”? Tipo che la testa ora gira da sola per il suo mondo?
- No, non una parte del suo corpo. Non sei fatto solo di cose materiali, tu. È più come se dalla tua testa scomparisse un ricordo caro, o dal tuo cuore la certezza dell’amore di tua madre. Quando dentro di te si creano quei vuoti, è molto difficile riuscire a colmarli con qualcos’altro. Rimani incompleto. Hai presente quelle uova sode che non riempiono tutto il guscio? L’idea è simile: il guscio non si adatta al contenuto, mantiene la sua forma, e dove all’interno non c’è niente si riempie di aria. Il signore Incompiuto dentro di sé ha uno spazio vuoto che non si colma e non viene assorbito e, seppur non contiene niente, è la parte più pesante del suo corpo. Il contrario dell’elio nei palloncini delle fiere.
« Ma è malvagio?
- No, credo di no. Non bisogna essere necessariamente malvagi per compiere cose cattive. Per la sua natura incompleta è incapace di concludere azioni positive. Se giocassi a vola-vola con lui, non sarebbe in grado di riprenderti dopo averti lanciato in aria, potrebbe scordarsene, ed il gioco si trasformerebbe in una tragedia. Ma la vera domanda da porsi è: cosa ha fatto per meritarsi questo? Deve pur aver fatto qualcosa di indicibile per ricevere questa punizione: non può essere stato creato così, solo un Dio malvagio creerebbe un essere malvagio da principio. Ma Dio è buono.
« Non si sa che cosa ha fatto? Nessuno glielo ha mai chiesto?
- Il Signore Incompiuto non ricorda le proprie azioni. Come tutto il resto la sua memoria è incompleta. E nessuno è mai uscito da quelle porte. Nemmeno lui.
» Per Dio, nonno, perché non sei andato a riprendertela?
« Mike, le parole! Non devi imprecare.
- Dette da un bambino le parolacce non offendono il Signore. Comunque non imprecare, Mike. Chi dovrei andare a riprendere?
» Come chi? La nonna! Perché non sei entrato in una porta scomparsa? L’hai abbandonata!
- Non si ritorna da una di quelle porte.
» Come lo sai? Dovresti provarci almeno!
- Non è più tornata.
« Io volevo conoscere la nonna.
- Ti sarebbe piaciuta, credo. Non me la ricordo più bene.
» Nonno, dovevi ⎯.
- Mike, ho pregato tanto perché tornasse, ma non è mai rientrata. Alla fine a quella porta abbiamo cambiato la serratura.
» Dici sempre che Dio esaudisce solo le preghiere che nessun altro può esaudire. Hai mai pensato che forse saresti dovuto andare a pregare il Signore Incompiuto di lasciarla andare?
- Vedi, Mike ⎯, alcune cose non c’è modo di ritrovarle. Non dipende tutto da noi.
» Sì, ma tu non hai nemmeno provato! Magari ti sta ancora aspettando al di là della porta! E se noi ci finissimo dentro? Ci abbandoneresti lì?
- Mike ⎯, non ce l’ho spinta io in quella porta. Non si aprono per caso le porte scomparse.
« Aveva sbagliato la procedura?

Mike è il maggiore dei due. In un certo senso essere il più piccolo semplifica la vita: sei libero di dire quel che ti passa per la mente, perchè le cose importanti le hanno già dette i più grandi. Come lui prima di me, non avevo dubbi sulla verità delle storie del nonno, e tuttavia la mia cieca credenza in quelle fantasie non era classificabile come ingenuità, nella mente di un bambino tutto è possibile e, se detto da un adulto, giustificabile. Durante un diluvio, quando il nonno raccontò che l’acqua non stava cadendo sul lago ma precipitava da esso, e che la pioggia sarebbe cessata quando il bacino si fosse prosciugato, Mike si mise a ridere, mentre per me fu solo la prova che la gravità poteva rovesciarsi, la dimostrazione di un fatto scientifico.
A differenza di mio fratello, la mia allegria e spensieratezza non nascondevano traccia di altri sentimenti, probabilmente perché ogni cosa, anche la più seria, era affrontata giocando, con un sguardo sempre nuovo, e la parola “fine” non suscitava mai rimpianto, ma novità per quello che sarebbe accaduto dopo.

- Non ricordo più se l’abbia sbagliata per caso o di proposito.
» È impossibile, nonno! È impossibile che sia andata nel mondo scomparso di proposito.
- Mike, mi dici perché te la stai prendendo così tanto? Tu non credi a queste cose.
« Forse ci crede, nonno.
< Ragazzi, è ora di andare a casa. Ciao, papà!
- Il dottore ha detto che mi operano domani.
< Il dottor Lancet? Il chirurgo?
- Sì, è passato questo pomeriggio.
< Bene, era ora. Come stai?
- Bene. Ma sono stufo dell’ospedale. Meno male mi porti i ragazzi.
< Torneremo anche domani, prima dell’operazione. Andrà tutto bene. Andiamo, ragazzi.
« Ciao, nonno, a domani!
» Ciao!
- Ciao, ragazzi.

« Mamma, tu te la ricordi la nonna?
< Certo. Ero già grande quando è andata via.
» Prima mi sono arrabbiato con il nonno perché non è andato a cercarla.
< Vi ha raccontato la storia delle porte perdute?
« Delle porte scomparse, mamma! Da quelle perdute si può ritornare.
< Già, scusa. Vi ha detto del Signore Incompiuto?
« Sì.
< Mike, il nonno non poteva andare a riprendere la nonna. Un giorno mia mamma è uscita di casa con la valigia e non è più tornata. Non appena si è chiusa la porta alle spalle, è scomparsa, come fosse andata in un altro mondo. Abbiamo provato a rintracciarla in ogni modo, ma si è nascosta molto bene. Da quel giorno la malattia del nonno si è aggravata molto. Ha avuto un ictus, a questo si deve la faccia tutta storta. Sono iniziati i vuoti di memoria e le farneticazioni. Si è inventato la storia delle porte magiche e poi si è scordato di essersele inventate, fino a che le fantasie non si sono trasformate in ricordi. La scomparsa della nonna gli ha lasciato un grande vuoto dentro.
» ⎯ domani gli chiedo scusa.

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