Billye Enford
il LATO DEL CERCHIO - MERCOLEDÍ 51 MARZO 2017
- Siamo venuti in possesso di una registrazione audio dei dialoghi avvenuti nel banco della difesa durante l’ultimo appello del processo riguardante il “caso Kinnickinnic”, tra l’avvocato Raynald ed il suo cliente. La traccia comprende anche il racconto di Billye Enford, chiamato al banco per testimoniare a favore dell’accusato. Chiedo alla platea di osservare un rigido silenzio, risultando l'audio già compromesso a causa del brusio in aula durante la registrazione. Possiamo ascoltare il nastro signor Giudice? -

- Proceda, avvocato. -

« Diavolo dell’inferno, Raynald, se mi scagionano anche questa volta giuro: mi faccio prete!
» L’ultima volta hai promesso che saresti entrato in marina, invece hai pensato bene di combinare questo bel lavoretto. Mi impegnerò a vincere la causa solo per averti fuori dai piedi.
« Però questa volta sono innocente. Quante speranze abbiamo di cavarcela?
» Io moltissime, il tuo destino invece dipende da Quoque: se si presenta all’udienza abbiamo vinto.
« Stiamo freschi, già sento l’umidità delle brande del Liberty’s Gate. Quel tossico oramai sarà in India. Si nasconderebbe nel buco del culo di una sacra vacca stitica pur di non farsi trovare.
» Noto che il tuo linguaggio diviene ogni giorno più forbito. Abbiamo mandato Mason Dirtyglove a cercarlo.
« Il Veterinario?
» Il Veterinario, ma non ho mai apprezzato questo soprannome.
« Per le palle di Lucifero, allora c’è ancora speranza!
» Deve portarlo qui in tempo. Non basta trovarlo, Quoque deve arrivare prima della fine.
« Merda! Può essere ovunque. Ci vorrebbe meno a ricucire insieme un maiale dopo la macellazione.
» Non è ancora il momento di disperare, ho un asso nella manica.
« Quale?
» Chiamo a testimoniare Billye Enford, vostro onore.

- Ecco, per ora fermiamoci qui. Billye Enford, signori, è conosciuto da tutti i migliori avvocati dello stato, i quali cercano di tenere all’oscuro più giudici possibili della sua esistenza. È quell’asso che si può giocare una volta soltanto. Liscia Parrucche è l’epiteto datogli dagli assidui frequentatori dei tribunali, una elaborata figura retorica, in riferimento al copricapo usato da magistrati e barrister inglesi fino ai primi anni del 2000. Quando Enford il Liscia Parrucche era chiamato al banco per testimoniare, si alzava un brusio torbido dall’aula: chi aveva scommesso si affrettava a cambiare la puntata a favore del protetto di Billye, i semplici spettatori invece si limitavano a mormorare qualche frase di compiacimento al vicino e rilassare le terga sulla poltroncina, cercando una posizione comoda per godersi la testimonianza. Ecco giustificato l’inconsueto pubblico attirato in aula quest’oggi: Billye è un imputato famoso in tutti i tribunali d’america.
Il pregio dei teste come Billye Enford, ammesso ne esistano altri, non riguarda tanto la credibilità suscitata dall’aspetto autentico e rispettabile, né la sua sincera capacità di mentire sotto giuramento, quanto un’abilità rara per gli avvocati in cerca di tempo: è piacevole starlo a sentire. Quasi tutto quello che il signor Enford racconterà nella sua deposizione risulterà ininfluente ai fini del processo, ma nonostante questo non fu mai interrotto, e, come noterete, la dichiarazione proseguirà fino a quando il test non ebbe più niente da dire, momento che coincise esattamente con un cenno dell’avvocato. Ovviamente l’intesa gestuale tra Byllie Enford e l’avvocato Raynald non si percepirà dal nastro, ma abbiamo più di un testimone in grado di confermarlo. Il curriculum di Billye vanta un processo in cui riuscì a lisciare persino un giudice della corte suprema, e dicono che in seguito il magistrato dovette vendere la sua parrucca ad un negozio hippie, avendo perso anche il minimo accenno di boccolo.
Tuttavia negli ultimi anni la carriera di Billye sta subendo un leggero declino, dopo la sua comparsa nella stessa aula di tribunale per due processi consecutivi, assolutamente sconnessi l’uno dall'altro. Questa singolare vicenda ha suscitato i nostri sospetti tanto da portarci qui oggi.
Proseguiamo con il nastro. -

» Signor Enford, può raccontare al giudice ed alla corte l’episodio concernente il 16 Maggio dell’anno corrente, esattamente come lo ha raccontato a me in sede privata? Non tralasci nessun dettaglio, grazie.
« Certamente, avvocato. Buongiorno a tutti. Dunque, il 16 Maggio ero a Dodgeville. Abito a Milwaukee, ma sono nato nelle campagne del Wisconsin ed amo ancora perdermi negli spazi aperti della campagna, dove ogni cosa sembra posarsi sull’orizzonte. Da ragazzini eravamo convinti che l’allungarsi delle nostre gambe avrebbe accorciato le distanze, invece l’orizzonte si espandeva crescendo con noi, e le cose da raggiungere continuavano a posarsi in fondo al campo. Ero tornato a Dodgeville per far visita a Gregor Enford, una modesta leggenda del pugilato locale, che vinse qualche cintura in gioventù, ma anche unendole tutte non riesce a tenere su i pantaloni. Ora sopra l’atletico fisico sportivo indossa un involucro obeso simile ad un vecchio guantone di cuoio. Oltre ad essere un ex pugile, Gregor è mio zio buono da parte di padre e custode della piccola fattoria di famiglia, una baracca non molto dissimile da un casotto da caccia, ultimo residuo degli appezzamenti di terra venduti. La casa si sporge sulla cresta della collina, un’onda di terra lieve poco più alta di uno stelo di granturco. La lanterna esterna vacilla al vento e insieme all’oscillare dei larici oltre la tenuta, si ha l’impressione che il rudere abbia preso il largo, come un vecchio rimorchio disperso miglia e miglia nell’entroterra, perduta la rotta dei laghi. La fattoria degli Enford era nota per avere i campi fioriti in ogni stagione, ma oggi è uno di quei posti in cui lo scorrere del tempo si percepisce solo due volte l’anno: quando si sostituisce il ventilatore al camino e viceversa. I pensionati, compreso zio Gregor, si paralizzano di fronte al fuoco aspettando il momento di accendere il ventilatore, un modo come un’altro per assistere al passare delle ore, ma a sua volta il tempo prima di trascorrere attende il loro avvizzimento, e così si crea un blocco temporale infinito capace di protrarsi oltre il limite della pazienza. Molti dei pensionati di Dodgeville, pur mantenendo un aspetto giovanile, hanno perso il senno e buttato nel cesso l’orologio da polso.
Dunque, mentre ero lì a ricordare i tempi che furono, ho sentito dire ⎯.
»Si limiti a riferire quello che ha visto, signor Enford.
« Oh sì certo, signor Giudice, ma per capire la mia testimonianza occorre che vediate le cose come le ho sentite io. La didascalica descrizione di ciò che so, può sembrare banale, ma se riesco a farvelo vedere con i miei occhi, allora capirete perché una bottiglia di whisky il 16 Maggio a Dodgeville non è solo una bottiglia di liquore.
» D'accordo, signor Enford, vada avanti.
« Grazie, signor Giudice. Come dicevo, durante la visita lo zio Gregor mi raccontò di Tobia Lourence, il vicino, anche se nulla è vicino abitando nella periferia di Dodgeville. Tobia era stato trovato in mezzo al campo di granoturco in stato confusionale, ma sobrio, con indosso solo una vestaglia di tartan e una bottiglia di Kinnickinnic completamente prosciugata in mano. Tralasciando la rarità di vedere un uomo in vestaglia in questa zona dello stato, le assicuro, signor Giudice, il Kinnickinnic non è un bourbon da dare alle piante, nessuna persona sana di mente lo sprecherebbe per annaffiare, soprattutto un mezzo scozzese come Tobia. Il suo trisavolo contrabbandò il cognome MacLourence dal vecchio continente, stipando la moglie e il figlioletto in un carico di lana proveniente dalle Highland scozzesi: un viaggio da Glasgow a New Glasgow su di un enorme materasso galleggiante. Mentre la città canadese aggiunse un prefisso per sottolineare la nuova fondazione, i MacLourense lo persero con l’intento di lasciarsi alle spalle un passato difficile.
Lo zio Gregor non guarda oltre ciò che lo riguarda, ma io ho ereditato i geni di mia madre, fanatica ammiratrice del commissario Columbo, guercia anche lei per una svista durante una puntata della serie, mentre lavorava a maglia: quando il tenente svelò l’assassino, la sorpresa fece sobbalzare mia madre che scivolò dal divano ficcandosi un ferro nell’occhio.
Andai a casa Lourence per appagare la mia curiosità e bere un goccio di tutto quel whisky che si permettevano di sprecare. Non c’era una lacrima di alcol in tutta casa. I Lourence abitano in una larga villetta ad un piano, tutta in legno pitturato di celeste ad eccezione della ringhiera sotto il porticato e delle persiane in lillà. Ogni giorno dell’anno, qualsiasi sia la temperatura, dal camino sale un fiumiciattolo di fumo spumoso, di quelli che si vedono solo in televisione. Il tempo, da quel lato della collina, è sintonizzato sempre sullo stesso canale e scorre placido, più lentamente di quanto la lancetta faccia intendere. La casa dimora assopita, in una introversa solitudine profonda, tipica degli autobus vuoti che scorrono sulla strada verso il deposito. Bandiera ben stirata, panni lindi ad asciugare nel prato, oche qua e là ed un vecchio cane educato sui gradini. Temetti di non essere vestito adeguatamente per far parte di quel quadretto, non volevo portare la frenesia del mio look cittadino in quella bolla perfetta, ma vedendomi passare sul viale Margaret mi invitò a bere qualcosa. Per quanto sia una buona abitudine farsi un cicchetto ogni tanto, soprattutto in una famiglia con il loro sangue, i Lourence sembravano ignorarlo, mi offrirono una limonata troppo avara di zucchero per i miei gusti da fast food. Se non altro quell’aspro bicchiere mi diede il pretesto per indagare sulla vicenda del Kinnickinnic.
Tobia è uno di quegli uomini che si spostano da un abito all’altro: un banchiere. Data l’avarizia tipica degli uomini in gonnella, bisognerebbe diffidare di un banchiere scozzese, invece la taccagneria dei Lourence era rimasta attaccata al prefisso Mac gettato nelle acque del porto, quando arrivarono in Nuova Scozia: i consigli finanziari di Tobia hanno aiutato molti cittadini di Dodgeville e, prima di girare in vestaglia per i campi, godeva di un’ottima reputazione, stimato ugualmente dall’alta classe impellicciata e dai fattori della contea. Quando decise di candidarsi alle elezioni per il distretto, non ebbe una cattiva idea. Persino lo zio Gregor lo sosteneva, sebbene critichi sempre i vicini, da qualsiasi parte confinino. A quanto mi raccontò Tobia, o più precisamente la moglie Margaret, per altro donna meravigliosa, si conobbero grazie ad un malinteso divertente: lei possedeva un danese di nome anch’esso Tobia e un pomeriggio, richiamando l’animale per tutta l’aia, accorse il futuro marito. Se non fosse stato per l’abito elegante probabilmente lei non si sarebbe accorta della differenza, tanto il banchiere ansimava per lo sforzo. Ma tornando a noi, le elezioni erano praticamente vinte, tutti i cittadini dimostravano entusiasmo nei confronti di Tobia Lourence, non prendendo nemmeno in considerazione il candidato dell’opposizione, un ricco messicano. Senza voler togliere niente all’accoglienza della gente di qui, signor Giudice, bisogna essere onesti: gli emigrati faticano ad integrarsi. Uno degli insegnamenti popolari tramandati da un fattore ad un altro, consiglia sia meglio lasciar marcire un raccolto piuttosto di prendere dei braccianti del meridione. Il sudore degli stranieri del sud è così salato da rendere sterile la terra, i deserti ne sono la prova. Un messicano non aveva nessuna possibilità di essere eletto, sono dei bovari quelli, mentre qui la coltura va per la maggiore. Nonostante avesse la vittoria in pugno, Tobia decise di trascorrere le ferie a rastrellare il suo collegio elettorale, coltivando consenso ed approvazione. Percorse tante miglia da riuscire a raggiungere la California. Faceva visita ad ogni casa, bussando alle porte come fanno i Testimoni di Geova, ma suscitando più interesse di quanto riesca il loro Dio. Come tutti i politici, Tobia non si limitava a spargere fertilizzante sugli elettori elargendo promesse e buoni propositi, ma approfittava dell’occasione per gettare diserbante sulla concorrenza. Fu questa, a parer mio, la causa scatenante l’episodio del Kinnickinnic.
Non è facile spaventare uno tutto d’un pezzo come Tobia Lourence: uomini del suo calibro, abituati a prendere decisioni da milioni di dollari, ad avere in pugno la vita economica di centinaia di persone, uomini in grado di far fronte a mente fredda a subdole problematiche finanziarie, torreggiano persino sul più alto giocatore dell'NBA. E tuttavia anche i personaggi più rilevanti sono solo comuni uomini. L’autorità di Tobia non sorpassava il recinto di casa Lourence, ed entrato in quella bolla il banchiere tornava ad essere semplicemente un marito stanco dopo una giornata di lavoro, costretto a controllare il fuoco nel camino o rimediare alla perdita del lavandino, come tutti gli altri uomini del mondo. Il trucco per avere la meglio su persone del genere è presentarsi nelle ore più assurde, in quei momenti di vulnerabilità in cui la persona in questione non sarà protetta dalla cravatta e retta dalla giacca inamidata, ma si ritroverà indifesa nella sua camicia da notte, rilassata in uno stato di comprensione inconsapevole, come ci si trova spesso davanti alla tv, incauti. Fu in quel momento che l’accusato qui presente e un compare di nome Quoque fecero visita a Tobia Lourence. Occorre sottolineare che Quoque è il nome di nascita del soggetto citato, e non un soprannome come potrebbe sembrare. Il padre, Jarem Nicolet, fu uno dei pochi Lefebvriani del Wisconsin e una delle caratteristiche peculiari di questo culto è la recitazione, durante la celebrazione eucaristica, della liturgia in lingua latina, idioma che incuriosì Jarem: se i campi e la fattoria avevano privato il fedele di un’istruzione approfondita, la Fraternitas Sacerdotalis Sancti Pii X gli insegnò la carità attraverso gli insegnamenti di Cristo, proclamati in quella lingua incomprensibile. Successe che Jarem, consigliato dal sacerdote ed armato del suo buon cuore compassionevole, prese in moglie una ex prostituta graziata del dono della fede dopo essersi accorta del miracolo lasciatole in grembo da un ex cliente. La gravida era tanto bisognosa di una famiglia, quanto il feto di un padre. Nell’animo di Jarem l’affetto per la sgualdrina e per il figlio bastardo era rimpiazzato dall’amore per il nobile gesto cristiano, amore che tuttavia non riuscì a cancellare del tutto il disappunto di diventare padre di un figlio né suo né dello spirito santo. Al momento di decidere un nome per il primogenito, a Jarem tornò in mente l’unica frase latina che ricordava a memoria, “Tu quoque, Brute, fili mi!”, della quale intuiva il significato: “Tu, Quoque, brutto figlio mio!”. Consapevole dell’ignoranza della moglie, ma non della propria, assegnò al figlio adottivo il nome Quoque, risolvendo con questa piccola vendetta il risentimento verso il bambino. È gente semplice, signor Giudice, più somari di un asino, probabilmente l’unica cosa che abbiano mai letto sono le lettere sulla parete dell’oculista, e la maggior parte di loro è miope, ma non farebbero male a nessuno.
Il motivo per il quale il sospettato è davanti alla corte deriva da una deduzione poco brillante dello svolgimento dei fatti. I due malcapitati erano semplicemente dei rivenditori da poco assunti dalla River Distillery, per promuovere il Kinnickinnic come il “Bourbon del Wisconsin”. Questa azienda da sempre sceglie per i suoi liquori nomi dei fiumi dello stato, e da qualche hanno ha stabilito di voler prolungare il corso del suo whisky fino a bagnare anche le vallate più aride e sobrie dell’entroterra americano. La povera Margaret, pace all’anima sua, mi raccontò la gentiilezza e l’eloquenza dei due rappresentanti, tale da farle decidere di invitarli a rimanere a cena quel sabato, che proseguì in seconda serata con l’assaggio del whisky. Tobia comprò a prezzo pieno una bottiglia di Kinnickinnic, barattandola con due voti a favore della sua candidatura. Questo accadde poco prima della mia visita.
La sera seguente Tobia fu trovato in stato confusionale nel campo di granturco, mentre Margaret giaceva priva di vita nel salotto sottosopra di casa sua. I vuoti di memoria del signor Lourence sono comprensibili da chiunque abbia provato quella sensazione di smarrimento inebetito causato da un forte shock, da droghe o alcol. In simili condizioni gli occhi inquadrano la scena abbastanza limpidamente da non farti prendere sotto da una macchina, ma non sono sufficientemente veloci da notare quello che accade. Privati della testimonianza di Lourence bisogna evitare di giungere a conclusioni affrettate, a Dodgeville nemmeno il tempo ha mai avuto fretta di trascorrere. Le persone di qui sono abituate a prendersi il tempo necessario per concludere le cose fino in fondo, non solo decentemente come in città. Quando chiedi a qualcuno di aspettarti, a Milwaukee, quello si mette ad occupare l'attesa facendo altro, qui invece la gente si immobilizza ed aspetta. Da queste parti il tempo è l’unica cosa impossibile da perdere.
Alcuni avvocati lavorano di deduzione ma sono sprovvisti dell’immaginazione. È un processo normale nella crescita di un uomo: con l’età qualcuno inizia a perdere la fantasia, altri la capacità tipica dei bambini di addormentarsi ovunque. Non è difficile intuire come siano andate veramente le cose, basta porsi le domande giuste: chi aveva interesse a screditare Lourence? Chi poteva disporre di quella miscela di droghe importate con il quale il povero Tobia è stato imbottito? Chi poteva aver trasudato tutto il sale in zucca di cui disponeva, da finire con l’uccidere la povera Margaret? Lascio a voi le conclusioni.
E questo è tutto quello che ho da dire, signor Giudice, o perlomeno è ciò che ho sentito dire, vostro onore.
» Ce l’abbiamo fatta.
» Per le corna di un satanasso, sono arrivati!

- Come si intuisce dalla registrazione, Giudice, la testimonianza aveva l’unico scopo di trattenere la giuria fino all’arrivo di Quoque. La guardia del tribunale di Dodgeville ha dichiarato sotto giuramento di aver visto, poco prima dell’ingresso in aula, l’avvocato Raynald ragguagliare Billye Enford sul “caso Kinnickinnic”, di cui era evidentemente all'oscuro. Le dichiarazioni di Billye Enford non sono state minimamente provate e lo studio legale, di cui sono rappresentante, accusa l’imputato di aver palesemente inventato tutto con l’intento d’intrattenere la corte oltre il tempo concesso all’avvocato della difesa. La sentenza sul “caso Kinnickinnic” avrebbe avuto esito totalmente opposto, se fossero state rispettate le procedure di protocollo, senza permettere trucchi da incantatori di serpenti. -

- Ho capito, Avvocato. Possiamo risentirla? -

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