Puraana
il LATO DEL CERCHIO - 1 APRILE 2018
Si riusciva a sentire il battere delle palpebre tanto era il silenzio. Saremo stati almeno cento giornalisti per due occhi ciascuno entrambi puntati magneticamente sul saggio Puraana. Le palpebre scattavano faticosamente scorrendo sui globi divenuti aridi per la forzata esposizione, nessuno voleva perdersi un istante di quel momento storico, e quando alla fine l’occlusione era inevitabile si produceva un impercettibile rumore simile al risucchio che lo stivale si porta dietro riemergendo dalla pozzanghera. La sala pareva allagata. Le orecchie coglievano ogni vibrazione, ma l’udito era concentrato sulla bocca del vecchio. Era entrato in meditazione centocinquant’anni prima, alla già veneranda età di settantasette anni portati molto male come la maggior parte degli indiani malnutriti. La contemplazione aveva risolto il problema della denutrizione elevando l’uomo all’astinenza da cibo ed acqua, un digiuno che lo aveva tenuto in vita per più di cento anni. Lo scopo del suo risveglio era la rivelazione della cosmica verità definitiva, l’essenza che lo aveva alimentato fino a quel momento. Parlò nell’istante in cui la palla rimbalzava sul portellone della Mercedes e le flebili parole scomparvero nell’onda dell’antifurto. Poi entrambi si spensero.
Molti videro il volere divino in quella coincidenza, ma sono quotidiane le occasioni perdute in un battito di ciglia.


Guarda, dove non c’è niente da vedere
ci sono infinite inutilità importanti
Intimo riflesso
il LATO DEL CERCHIO - 1 LUGLIO 2018
Ci spiegarono la patologia paragonando la corteccia visiva ad una videocassetta in una cinepresa: la luce che entra dagli occhi consuma la “pellicola celebrale”. Prognosi: irrimediabile perdita della vista al termine del nastro. È difficile decidere quali panorami è sufficiente ascoltare e quali invece necessitano uno sguardo, soprattutto quando si è tanto giovani da non aver ancora iniziato a vivere e tutte le cosa appaiono metamorfiche. Perciò la possibilità di vedere fotogrammi di vita e non l’intero film, inevitabilmente hanno guidato la scelta di quelle visioni su episodi capaci di sintetizzare più eventi possibili in un’unica inquadratura, montando un’aspettativa ciclopica che di conseguenza rende la scena il più delle volte deludente: il venticinque dicembre festeggiamo il capodanno, la Pasqua, il Carnevale e tutti i compleanni della famiglia, in un minestrone di auguri, brindisi e maschere che rende la maggior parte di noi confusi ed ubriachi. Può sembrare strano che ad eccezione di questi momenti consuma gran parte della sua vista davanti allo specchio, osservando quegli occhi che limitano la sua vita ad un cortometraggio; dice di riuscire a inventare una figura per ogni voce e mano che incontra ma non sopporta l’incertezza di ricordare il proprio volto correttamente. D’altronde il riflesso è la cosa che più stupisce lo sguardo poiché rispecchia l’immagine che cela chi siamo.

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